Franchising, retail, business
30/11/2016
E’ bastato postare un appello su Facebook ed è partito il tam tam: Stefano Caccavari, l’inventore dell’orto di famiglia di San Floro, in provincia di Catanzaro, vuole salvare l’ultimo mulino a pietra della Calabria.
Rispondono Marco da New York, Salvatore da Miami, Antonio da Pechino. Sono tutti pronti a investire (era tre mesi fa).
I 101 di Mulinum
Un mugnaio in provincia di Crotone cede l’attività. Si tratta ma l’affare non va in porto. Il progetto di un grande mulino che trasformi i grani antichi della Calabria è, però, evidentemente, il sogno di molti: la raccolta fondi supera ogni aspettativa. In 90 giorni l’idea si espande e il crowdfunding è da record: 500mila euro per realizzare la Mulinum srl. Un plafond mai raggiunto in agricoltura. Centouno i soci, compreso Stefano. E’ una startup in piena regola: la segue uno specialista del settore, l’avvocato calabrese Massimiliano Caruso. Tanti gli ortisti di famiglia coinvolti. Il desiderio è di tornare all’antico, di mangiare come una volta. Il miglior investimento possibile per il futuro: c’è chi intesta le quote ai figli.
A gennaio l’inaugurazione
Ieri sera davanti al notaio Gianluca Perrella, a Catanzaro, dopo la conta degli assegni circolari, si è costituita la società. Che di fatto è già operativa: la molitura del grano, conferito dai contadini della zona, avviene per il momento nel mulino di un partner di Castelvetrano. L’impianto calabrese sarà pronto a gennaio, ma da privati e da panificatori professionali già piovono richieste.
Da consumatori a mugnai 2.0
E’ allo studio una piattaforma per trasformare i consumatori in mugnai 2.0. Che per ora possono testare la farina bio, macinata a pietra, acquistando piccoli kit da 20 kg. Presto sarà possibile richiedere la mulinum card: 250 euro da spendere in farina e prodotti da forno consegnati a domicilio. Intanto, su 7 ettari di terreno in località Torre del Duca, iniziano i lavori per la più completa filiera del grano naturale. Quattro macine di pietra (due dell’800, marchio “La Ferté”), due forni per produrre pani tradizionali e una pizzeria biologica. Tutte le strutture realizzate in bioedilizia. E solo energia rinnovabile. Molto più di un mulino bianco. Già fervono i preparativi per la festa del grano a luglio. Sarà una trebbiatura social: appuntamenti e indicazioni sul web.
Un comitato scientifico con il prof Berrino
Senatore Cappelli, Rubeum (grano tenero rosso) e Iermano (segale): la previsione è di raccogliere 3.500 quintali di grani antichi, oltre al farro. Il progetto attira grandi nomi: a Roma il panificatore Gabriele Bonci di Pizzarium sta mettendo a punto la ricetta tradizionale del “bruniettu”, il pane di San Floro. Il professor Franco Berrino è pronto a collaborare per la costituzione di un comitato scientifico interno a Mulinum. Scrive a Stefano: «Questa iniziativa è una boccata d’aria fresca. Molto bene macinare a pietra grani antichi. Ti do una mano». Si affianca l’università di Catanzaro.
Un ettaro di grano al posto di un Mac
«L’anno scorso invece di comprarmi un nuovo Mac, ho speso 1.050 euro per produrre 15 quintali di grano coltivando un ettaro di terreno», spiega carico di entusiasmo Stefano Caccavari. Ventisei anni, studente di economia, con le sue imprese ha recuperato il mestiere dei nonni e difeso il suo territorio, cambiando il destino di San Floro: nel piccolo comune calabrese, vicino al golfo di Squillace, doveva nascere la più grande discarica d’Europa, un’isola ecologica per un “abbanco” di 3 milioni di metri cubi di spazzatura. Oggi invece ci sono solo orti e campi di grano. Dalla parte di Stefano tutto il gruppo degli “imprenditori eretici” calabresi, impegnati con passione nella rinascita della regione. Fanno ancora piccoli numeri, ma dimostrano, fuori dalle statistiche, che esiste e opera una Calabria nuova.