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Il lavoro c’è, non chi lo sa fare: allarme delle aziende toscane. "Ci sono ingegneri che non sanno scrivere una mail"

01Ingegnere meccanico

25/02/2017
Da Prato a Livorno gli imprenditori chiedono più formazione per gli studenti: «Ci sono ingegneri che non sanno scrivere una e-mail». I progetti di Confindustria

LIVORNO. Cercava cinque persone da assumere: un ingegnere meccanico, un ingegnere informatico, due montatori meccanici e un commerciale. Li ha cercati per diverso tempo senza trovare le persone giuste da inserire nella sua azienda, una piccola realtà in espansione a Quarrata, nella provincia di Pistoia. Ha raccontato di questa sua difficoltà in un articolo sul Tirreno e solo a quel punto, dopo aver ricevuto oltre 250 candidature, è riuscito a incontrare le persone giuste.

LE TESTIMONIANZE
Ma Roberto Trovi non è il solo imprenditore che ha avuto difficoltà a trovare personale da assumere nella sua azienda. La domanda e l’offerta non sempre si incontrano. È capitato mille altre volte, ad altri imprenditori. A raccontarlo sono gli stessi industriali toscani.
Un’impresa di Vecchiano ad esempio, non riesce a trovare ingegneri o tecnici informatici disponibili a fare trasferte all’estero. «Assumiamo con contratti a tempo indeterminato, diamo anche 4.000 euro al mese a giovani appena usciti dagli Istituti tecnici industriali e ci troviamo davanti a giovani che non sanno prendere un aereo, che non parlano inglese e non sanno scrivere neppure una e-mail in italiano», commenta uno dei titolari.
Anche il collega Matteo Italo Ratti, amministratore delegato della Marina Cala De Medici di Livorno fatica a trovare personale che abbia conoscenze sia legate al mondo della nautica sia del turismo. «Le persone che si presentano da noi - commenta - se vengono dal settore della cantieristica, in media, non sanno una parola di inglese. Viceversa se vengono dal mondo del turismo non sanno fare un nodo».

Entrambi i manager hanno risposto alle esigenze delle loro aziende semplicemente facendo di “necessità virtù”. L’imprenditore di Vecchiano tiene corsi di programmazione e sceglie tra gli allievi chi inserire nella sua squadra. «Individuiamo quelli più svegli e più veloci e li inseriamo in azienda», dice. Ratti invece sta ampliando il numero di stagisti in modo da «creare un vivaio». «E comunque - aggiunge - formiamo continuamente il nostro personale in proprio facendo corsi continui di inglese, di computer. Ognuno fa un po’ di tutto, anche per la stagionalità del lavoro, e così riusciamo a capire chi è più flessibile. E’ una complicazione, un lavoro in più».

La formazione in azienda è la soluzione anche per l’imprenditore pistoiese Trovi che, nello specifico, ha lamentato handicap anche nella preparazione di base. «Siamo chiari - commenta - io non voglio un giovane che sappia lavorare nella mia azienda, con i miei macchinari. Se prendo un laureato in ingegneria però mi aspetto che abbia delle nozioni da cui cominciare. Invece, spesso, mi sono sentito rispondere: “su questo ho dato solo un esame”. E quindi? Cosa si fa? ».
L’imputato principale è evidente sono le scuole superiori, le università e i corsi di formazione, quando si parla di disoccupati da reinserire nel mondo del lavoro.

LA POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA
Il presidente di Confindustria Toscana Nord Andrea Cavicchi sta lavorando su questo tema ormai da tempo per il settore del tessile abbigliamento. «Mancano modellisti, tagliatori, capi filatura, capi rifinizione e tecnici di qualunque tipo», racconta. «Un po’ dipende dal fatto che con la riforma delle scuole tecniche - aggiunge Cavicchi - sono venuti meno corsi specialistici utili per il settore tessile e un po’ dal fatto che le famiglie non avevano piacere che i figli facessero questi studi. Abbiamo quindi deciso di organizzare incontri, proprio in Confindustria, per avvicinare i ragazzi e i loro genitori alle industrie. L’ultima volta c’è stato un incontro con 200 persone. In più stiamo attivando collaborazioni anche con il polo universitario per corsi di alta specializzazione. Partecipano diplomati, laureati ma anche lavoratori del settore che intendono riqualificarsi. Questa opzione è secondo noi una risposta a una scuola che con le riforme degli ultimi anni è diventata sempre più generalista».

Un orientamento portato avanti anche da Confindustria Pisa che sta stringendo collaborazioni sia con il mondo universitario sia con quello delle scuole medie superiori.
«Stiamo facendo - interviene la neo presidente della Confindustria Pisa Patrizia Pacini - un lavoro importante con gli istituti tecnici e professionali, con i licei e con le università. Con i tecnici è molto più facile e stiamo attivando stage di cui avremo i frutti tra qualche anno mentre con i licei l’obiettivo è quello di creare una cultura di impresa. Non ha f una valenza dal punto di vista della creazione di nuovi dipendenti, visto che poi faranno un percorso universitario, ma è importante per inserirli nel mondo del lavoro, farglielo conoscere. Diverso è il discorso con le università con cui stiamo lavorando su un doppio binario: da una parte la possibilità di fruire come imprenditori, e per i nostri manager, di una formazione continua per aprirci all’esterno e uscire dalla chiusura che spesso caratterizza la piccola e media impresa ma dall’altra avremo la possibilità di incontrare i ragazzi, di spiegare loro il punto di vista delle aziende facendoli calare nella nostra realtà».

«Pensiamo - conclude Pacini - a un tema come il bilancio: un conto è la spiegazione del docente universitario, un altro è quello raccontato da un direttore amministrativo di un’azienda. Cambiano il punto di vista, le priorità. Credo che abbattere i muri che separano le realtà industriali dal mondo universitario sarà positivo per entrambe le realtà».

Fonte:http://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2017/02/22/news/il-lavoro-c-e-non-chi-lo-sa-fare-allarme-delle-aziende-toscane-1.14921666?ref=fbfti

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