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Per pagare i fornitori servono 137 giorni

01Supply Chain

24/03/2017
E per incassare i crediti commerciali ne servono 78. Il credito di filiera in Italia vale 559 miliardi, ma è servito solo il 26% tra anticipo fattura (87 miliardi di euro) e factoring (57 miliardi). Così digitale potrà cambiare le cose

In Italia servono 137 giorni per pagare i fornitori e ne servono 78 giorni per l'incasso dei crediti commerciali. Il Supply Chain Finance, insomma, ha un mercato potenziale enorme ancora da sfruttare per il finanziamento delle imprese, ma ancora inesplorato. Su 559 miliardi di euro di valore del credito di filiera, solo il 26% è fornito da anticipo fattura (87 miliardi di euro) e factoring (57 miliardi). Il digitale, però, promette di cambiare le cose. Sono i risultati della ricerca dell'Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), presentata a Milano al convegno Supply Chain Finance: il domani è già qui!

MERCATO IN FERMENTO. E' in pieno fermento, infatti, in Italia il mercato del Supply Chain Finance, le soluzioni per il finanziamento del capitale circolante che fanno leva sul ruolo di un'impresa all’interno della filiera, oltre che sulle caratteristiche economiche, finanziarie o di business. Eppure, in un contesto in cui il tempo medio di incasso dei crediti commerciali in Italia è di 78 giorni contro una media europea di 47 e quello di pagamento dei debiti ai fornitori di 137 giorni contro una media europea di 65, è evidente la necessità di nuove modalità di finanziamento per le imprese. E l'opportunità del credito di filiera è ancora in larga parte da cogliere: il mercato potenziale del Supply Chain Finance è pari a 559 miliardi di euro (il totale del montecrediti di crediti commerciali a fine 2015), un valore enorme di cui è servito solamente il 26%, pari a un valore di 147 miliardi di euro.

QUELLO CHE ESISTE. Il mercato italiano del credito di filiera oggi è ancora dominato da due soluzioni di tipo tradizionale: l'anticipo fattura, cioè il finanziamento delle fatture non ancora riscosse, che vale 87 miliardi di euro, -3,3% rispetto all'anno precedente, e il factoring, la cessione di crediti commerciali vantati da un’azienda verso i debitori, che vale 57 miliardi (+1,8%), al cui interno cresce però del 7,7% fino a 2,8 miliardi di euro la quota del reverse factoring, la versione che permette ai fornitori di sfruttare il merito creditizio di un'azienda cliente per ottenere prezzi più bassi.

QUELLO CHE VERRA'. Stentano a decollare invece le soluzioni più innovative, come la carta di credito virtuale per la gestione semplificata dei pagamenti tra buyer e supplier, l’inventory finance, cioè il finanziamento delle scorte attraverso una linea di credito, o ancora l’invoice auction, un'asta digitale per investire nelle fatture, e il dynamic discounting, pagamento anticipato a fronte di uno sconto proporzionale ai giorni di anticipo. Ma all’orizzonte ci sono importanti opportunità di crescita per queste soluzioni perché il contesto italiano presenta tutte le condizioni per lo sviluppo del Supply Chain Finance.

«La ricerca evidenzia un cambio radicale nella velocità di sviluppo del mercato del credito di filiera in Italia», spiega Stefano Ronchi, responsabile scientifico dell'Osservatorio Supply Chain Finance: «uno sviluppo che, più che nei numeri, si rileva nella nascita di nuove soluzioni, nelle evoluzioni normative che ne abilitano l’adozione, nell’ingresso prepotente di nuovi player e di startup, mentre le tecnologie che si stanno affacciando come blockchain, big data e Application Programming Interface, offrono nuove opportunità». «Nella valutazione del merito creditizio è auspicabile identificare modalità innovative che permettano alle imprese e ai loro finanziatori di acquisire una migliore conoscenza della filiera integrando diverse fonti informative», aggiunge Federico Caniato, direttore dell'Osservatorio Supply Chain Finance. «In particolare, è opportuno integrare il rating finanziario a quello operativo, che può fornire dati trasparenti e obiettivi utili alle aziende ma anche al mondo finanziario, anticipando situazioni di sofferenza e valutando il potenziale di aziende finanziariamente deboli ma meritevoli di sostegno».

LE START UP. Sono circa 50 le startup in ambito Supply Chain Finance nate dal 2009 alla prima metà del 2016 a livello internazionale. Un fenomeno crescente, con una spinta guidata dai paesi anglosassoni (UK e Australia in primis), in cui però il nostro Paese è protagonista: 22 tra le startup della rilevazione effettuata dall'Osservatorio hanno headquarter nei paesi anglosassoni, 6 in Italia. e attività delle startup si concentrano in particolare sull'accesso al credito delle pmi con soluzioni molto flessibili e facilmente adattabili a contesti diversi e variabili. I business model si focalizzano principalmente sulla tipologia di finanziamento e sullo strumento tecnologico sottostante.

«Il fermento che si percepisce tra le startup presuppone nuovi spazi di mercato del Supply Chain Finance», afferma Antonella Moretto, direttore dell'Osservatorio Supply Chain Finance in Italia. «Tra i servizi offerti, è forte il bisogno di una gestione della liquidità più efficace ed efficiente, soprattutto per le pmi, ma emerge uno spazio di mercato lasciato scoperto dagli operatori più tradizionali e meno propensi all’innovazione».

LE PIATTAFORME. La stragrande maggioranza dei provider di finanziamento in Italia, perlopiù banche e factor locali, eroga il servizio senza il supporto di una piattaforma dedicata. Un fenomeno, con l'eccezione dei grandi gruppi bancari nazionali che hanno abbracciato convintamente la via della digitalizzazione, che denota un atteggiamento conservativo dell'offerta, anche per una domanda ancora poco consapevole delle potenzialità del Supply Chain Finance. Le piattaforme disponibili e più utilizzate in Italia sono “chiuse” e abilitano una relazione univoca tra impresa cedente e provider di finanziamento, mentre i paradigmi più competitivi non hanno ancora attecchito. Ma le grandi banche internazionali stanno introducendo in Italia dinamiche di finanziamento in ambito Supply Chain Finance innovativo, sfruttando le piattaforme fintech in modalità “open finance” e “double open” emergenti a livello europeo.

INTEGRAZIONE. Nel 40% delle aziende non si evidenzia una corrispondenza tra il rating finanziario e quello operativo, frutto dell’analisi di prestazioni come tempi, costi, qualità, conformità dei fornitori. Lo rivela l'analisi condotta dall'Osservatorio Supply Chain Finance su dati relativi a 143 imprese italiane di diversa dimensione. Eppure, nella valutazione del merito creditizio sarebbe auspicabile un'integrazione di questi due rating attraverso modalità innovative che permettano una migliore conoscenza della filiera.
Imprese di medie, piccole o micro dimensione soffrono in modo pressoché simile le situazioni in cui un ottimo rating operativo non è adeguatamente rispecchiato in quello finanziario (rispettivamente nel 24%, 28% e 34% dei casi). In diverse aziende industriali il rating operativo rilevato su un fornitore e i dati finanziari disponibili vengono già integrati per una miglior valutazione della base di fornitura, ma nessuna azienda tra quelle analizzate oggi scambia in modo strutturato queste informazioni con i propri istituti finanziari per facilitare l’accesso al credito dei propri fornitori.

Redazione Business People

Fonte:http://www.businesspeople.it/Business/Economia/Supply-Chain-Finance-per-pagare-i-fornitori-servono-137-giorni_100217

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