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Fuorisalone dentro l’artigianato

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06/05/2014
Tutto esaurito nei diversi design district che hanno portato l’arredo a contatto con la città. Filo conduttore è stato il ‘Made in’ come fattore valorizzante della qualità territoriale
Difendere l’artigianato, proporre l’heritage come valore di punta di un prodotto, fare del ‘Made in’ un vettore commerciale: non solo il Salone, ma anche il Fuorisalone, quest’anno è stato alfiere della necessità di preservare le differenze, le culture e le peculiarità di ogni singolo Paese nel nome di un’artigianalità talvolta sopita, ma mai andata in soffitta.

La kermesse che da 25 anni accompagna la manifestazione per addetti ai lavori ha registrato il tutto esaurito: 12 percorsi, oltre 900 eventi, più di 800 marchi, oltre 200 milioni di euro di indotto, 10mila persone impiegate e 400mila visitatori sfiorati da 160 Paesi, in aumento del 20% rispetto allo scorso anno. Un esito a dir poco positivo, dovuto anche ai design district cittadini, che si sono specializzati (proprio come accade in Fiera) e hanno offerto ai visitatori delle chiavi di lettura che spesso hanno fatto riferimento alle diverse anime del design, e alle relative coordinate geografiche di appartenenza. La vera novità, però, è stata che ciò è accaduto non solo nei distretti da sempre dedicati alle nuove proposte provenienti da oltre confine, ma anche in quelli più centrali, a partire dal Brera Design District e dalla nuova area delle ‘5 Vie’. In entrambi i casi, l’onda lunga della crisi, in parte causata dalla globalizzazione, ha attivato eventi in cui i creativi e le aziende hanno riaffermato con forza, dinnanzi al vasto pubblico, l’idea di provenienza come fattore caratterizzante del ‘Made in’. Nel salotto cittadino dell’arredamento, a Brera, gli svedesi l’hanno fatta da padrone con l’evento “Swedish design goes Milan”. A La Posteria sono stati esposti prodotti di design e lifestyle, ma anche musica e food tipicamente scandinavi: non solo installazioni, quindi, ma un’esposizione realmente interattiva e poliedrica, mirata a trasportare i visitatori dove un prodotto è stato pensato e realizzato, anche a migliaia di chilometri di distanza. Sull’artigianato ha puntato anche il nuovo quartiere delle ‘5 Vie’, chiamato dagli organizzatori a partecipare attivamente all’edizione 2014 del circuito: tra le vie dietro Piazza Affari e Sant’Ambrogio, che rappresentano una delle parti più antiche di Milano dove si sono formate svariate generazioni di industriali, per il debutto si è scelto di recuperare lo spirito della bottega artistica, in memoria degli atelier che un tempo popolavano la zona e degli 80 laboratori che ancora sopravvivono. “L’idea – aveva detto alla vigilia della kermesse Emanuele Tessarolo, uno dei fondatori del progetto – è stata quella di dare vita a un quartiere dove la qualità parta dal basso, dal singolo negozio, dalla bottega artigiana, per organizzarsi in sistema valorizzando l’intero quartiere grazie a sinergie virtuose”.
Un altro polo di artigianalità è stato messo in mostra in via Tortona, che per questa edizione è tornata a essere un centro espositivo di qualità. Qui, il Temporary Museum for New Design, il format museale reinterpretato in chiave contemporanea, è stato l’esempio forse più calzante di un’artigianalità da leggere come elemento fortemente distintivo e caratterizzante. Al Superstudio Più si è assistito al ritorno del ‘french touch’ attraverso la seconda edizione di France Design, la manifestazione che riunisce i principali attori della produzione creativa francese, ma anche alla scoperta del potenziale dei giovani artisti croati e del product design spagnolo. Ma largo spazio è stato dato anche alla Tailandia, che tramite il Thailand’s Slow Hand Design ha presentato il cambio di passo che ha portato il design del Paese a evolversi negli ultimi anni: non più soltanto produzione di articoli di arredamento progettati altrove, ma creazione attiva dei prototipi e delle linee di prodotto. Dirimpettaio del Superstudio Più, al Padiglione Visconti è andato in mostra il viaggio verso il Sol Levante grazie alla Tokyo Imagine, l’evento organizzato dalla Tokyo Designer Week che ha portato in scena i migliori prodotti della tecnologia, della moda e del food giapponese: una panoramica imperdibile sugli artisti d’avanguardia nipponici, oltre che un’esperienza sensoriale grazie al cooking show di Hachiro Mizutani, il tre stelle Michelin dell’omonimo ristorante a Ginza. A rappresentare il trionfo del ‘Made In’ ci ha pensato ancora una volta il distretto di Ventura Lambrate, in passato estrema periferia e oggi in pieno fermento grazie alle esposizioni dei ‘makers’, sospesi tra alto artigianato e autoproduzione, vere e proprie fucine di tendenze. Qui, su un palcoscenico fatto di capannoni abbandonati e terrazze selvagge, a ricordare più la Berlino degli anni 90 rispetto alla Milano di oggi, i marchi giovani e sperimentali si sono passati il testimone. A riscuotere il maggiore successo è stato proprio Slowd, il primo network che realizza il design a chilometro zero mettendo a sistema designer emergenti e piccole-medie aziende produttrici. L’elogio dell’artigianato condiviso e a regola d’arte.

 

Fonte: http://design.pambianconews.com

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