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"Faccio la ricercatrice a New York, l'Italia non mi manca. Qui si premia il merito e il baronato non esiste"

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08/07/2017 - Ricercatrice scientifica lascia l’Italia per New York: la storia di Ilaria Russo"Ci definiscono cervelli in fuga, ma ogni volta che sento quest'espressione penso al premio Nobel per la Medicina, Renato Dulbecco, che una volta notò come non si possa parlare di cervelli in fuga semplicemente perché la fuga presuppone che qualcuno rincorra qualcun altro, mentre dietro di noi non c'è nessuno che ci insegue".

Quando Ilaria Russo – ricercatrice toscana di 34 anni trapiantata a 19 anni a Milano per frequentare l'università, poi un master e ancora un dottorato – ha deciso di fare le valigie e trasferirsi a New York non c'era nessuno dietro di lei. Non c'era nessuno stato, nessuna università, nessuna azienda privata, a pregarla di restare in Italia. Nessuno che le offrisse una prospettiva di carriera o semplicemente un posto di lavoro in grado di garantirle la sussistenza nel suo paese.

Quando è partita per New York nel 2014, il giorno prima di Capodanno, ha lasciato dietro di sé un vuoto riempito solo dalla tristezza, dalla rabbia e dalla frustrazione di anni e anni di studio e sacrifici mai ripagati. Studi e sacrifici che per non andare definitivamente buttati via, come scarti privi di vita, ha dovuto mettere in una grossa valigia destinata all'America.E, così, l'inizio del nuovo anno si è aperto con un numero in più destinato a ingrossare una lunga lista fatta di tanti, tantissimi - certamente troppi - nomi che raccontano l'esodo di una generazione. Dottorandi, ricercatori, laureati con uno o più master, con una o più specializzazioni post-laurea.

A 19 anni ho lasciato la Toscana per trasferirmi a Milano, convinta che almeno lì avrei avuto la possibilità di svolgere l'attività alla quale ho sempre sognato di dedicare la mia vita". È la ricerca il sogno, la missione e la vocazione di Ilaria Russo. Una laurea triennale in Biotecnologie Mediche e poi la Specialistica in Biologia Molecolare con una tesi sperimentale in Cardiologia.

Titoli conseguiti sempre con il massimo dei voti e senza mai restare indietro di un anno. Corsi di studio che rafforzano il desiderio di Ilaria Russo di proseguire la sua carriera nel campo della ricerca scientifica. Così la decisione di frequentare un master di tre anni in ricerca biomedica all'istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano.

La vincita di una borsa di studio che supera di poco i 600 euro mensili e l'aiuto dei genitori permettono a Ilaria Russo di mantenersi a Milano e proseguire così il suo sogno da ricercatrice. Le sue giornate trascorrono all'interno del laboratorio di ricerca, dove "il tempo scorre veloce e per lo più, senza nemmeno accorgersene, si fa sera".

"Perché il piacere di fare quello che si ama ti fa dimenticare del tempo e ti aliena dalla spazio che ti circonda", confessa.Concluso il master, Ilaria Russo vince il concorso per accedere al dottorato di ricerca in Scienze Farmacologiche. La gioia e la soddisfazione per il traguardo raggiunto durano poco però, e ben presto Ilaria Russo deve fare i conti con una realtà che non le lascia scelta.

La decisione di emigrare in America è l'unica via percorribile. "Al primo anno di dottorato il mio professore mi dice chiaramente che, una volta concluso il corso di studio, per me non ci sarebbe stata alcun prospettiva professionale in Italia". "La situazione della ricerca nel nostro paese è davvero triste e uso volutamente la parola tristezza perché è un fenomeno che colpisce i sentimenti di chi dedica la sua vita alla ricerca".

La mancanza pressoché totale di fondi e i numeri dell'esodo in atto da parte dei ricercatori italiani convincono Ilaria Russo a lasciare il prima possibile l'Italia. "Il mio sogno è sempre stato fare ricerca in America e così, in accordo con il mio mentore italiano, decido di fare l'ultimo anno di dottorato negli Stati Uniti".Presa la decisione, va a Dallas per seguire una conferenza tenuta da un professore universitario, nonché medico cardiologo, di cui Ilaria Russo ha studiato ogni singola pubblicazione.

"Mi presento, gli confesso che il mio sogno sarebbe lavorare nel suo team di ricerca in America e lui mi propone di fare un colloquio il giorno stesso". "E così, seduta di fronte a una tazza di caffè di Starbucks, nel mio inglese – allora ancora scolastico – faccio il colloquio in una grossa hall tipicamente americana, a margine della conferenza". La sera stessa il professore le manda un'e-mail in cui le scrive che l'avrebbe aspettata in America per lavorare insieme. Il giorno prima di Capodanno del 2014 Ilaria Russo parte alla volta di New York e da allora non si è mai più guardata indietro. Tanto nessuno l'ha mai seguita, nessuno le ha mai chiesto di rimanere.

E, almeno fino ad oggi, nessuno le ha ancora proposto di tornare. "Nonostante l'impatto con la città, New York, sia stato duro, ricordo che non faceva che nevicare, non conoscevo nessuno e per mesi ho vissuto in un sotterraneo senza vedere praticamente la luce, per me New York ha significato da subito il paradiso ed ero talmente entusiasta che non mi ha pesato niente". "Fare ricerca in un'università americana è stata la realizzazione del mio più grande sogno, qui c'è tutto quello che mi mancava in Italia: prima di tutto ci sono i fondi e così ho potuto realizzare un progetto tutto mio e ho avuto la possibilità di pubblicare su riviste autorevoli".

Ilaria Russo ha concluso il dottorato e ora lavora come ricercatrice all'Albert Einstein College of Medicine di New York. "Da quando ho iniziato a fare ricerca in America ho da subito avuto la sensazione di poter fare, finalmente, il mio lavoro bene in un ambiente veloce e funzionale: in Italia, per esempio, ordinavamo dei reagenti e prima che arrivassero passavano mesi, a New York nel giro di 24 ore puoi avere tutti i reagenti che vuoi".

Ad Ilaria Russo l'Italia non manca mai, nonostante lì abbia gli affetti, il marito e la famiglia. "In Italia non avevo spazio, mentre in America ho vissuto per la prima volta sulla mia pelle cosa significhi la meritocrazia: qui si premia non solo il merito e le capacità, ma anche la motivazione e l'impegno; il baronato non esiste e i professori sono tutti molto informali e disponibili".

Ilaria Russo non ha alcuna intenzione, almeno per i prossimi anni, di tornare in Italia. La rabbia e l'indignazione per il trattamento ricevuto e la mancanza assoluta di considerazione per il lavoro bruciano ancora. Bruciano troppo. Nel 2016 si è sposata a New York con un italiano che tutt'ora vive in Toscana, ma che a breve si trasferirà con lei nella Grande Mela. "È stato un matrimonio veloce e romantico, sposarsi a New York è molto facile: un mese prima ti danno la licenza e poi puoi sposarti quando vuoi, ti danno un numero per il tuo turno e tu fai la fila come se fossi alle poste".

Di Alessia Biancalana

Fonte:http://www.huffingtonpost.it/2017/07/10/faccio-la-ricercatrice-a-new-york-litalia-non-mi-manca-qui-s_a_23023738/

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