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Luca Fantin, un italiano in Giappone

01Luca Fantin chef del Bulgari Hotel di Tokyo intervista

02/09/2017 - Il Sol Levante e la cucina italiana visti dal giovane chef del Bulgari hotel di Tokyo

Da Treviso a Tokyo il passo sembra lungo, ma per Luca Fantin si tratta di un percorso organico e razionale di crescita che dalle osterie di paese arriva alla grande cucina nazionale, alla corte di Cracco, Marchesi, Beck con tappe in santuari dei fornelli, per esempio quella spagnola al Mugaritz. L’amore per le specialità e le materie prime tricolori lo hanno accompagnato anche nel Sol Levante, dove dal 2009 è chef del Bulgari Ginza Tower , 5 stelle e cucina italiana adatta ai palati raffinati di una delle metropoli più importanti del mondo, distribuita su quattro piani della torre con terrazza panoramica, ristorante gourmet e bar informale.

Tra i suoi piatti il Crudo di due tipi di tonno di Ooma con rapa rossa al forno, lamponi e velo di spezie”, il Cervo di Nagano con maionese di rabarbaro, uva di montagna e variazione di sedano rapa, e l’omaggio al riso Carnaroli mantecato alla crema di topinambur con uova di salmone di Hokkaido, una piccola grande sintesi di come si possa essere big in japan senza rinnegare le proprie origini, anzi esaltandole a ogni portata.

Si parla sempre di cervelli in fuga: si sente uno di loro?
In realtà, mi è difficile definirmi così! In Italia il lavoro non manca per gli chef di alto profilo e avevo molte offerte. La scelta di partire è stata quella di un giovane che ha voluto fare un’esperienza per arricchirsi e aprire la mente. In Giappone sono rari gli chef italiani, semmai più cucinieri focalizzati su ricette popolari e tradizionali, ovvero pizzerie e simili. C’è posto anche per le gelaterie, ma sempre con poca scelta e ingredienti limitati. Io lavoro nell’ambito di un progetto molto bello e ora mi trovo alla grande, con tanti impegni. Insomma, non ho necessità di guardare di nuovo all’Italia, di cui non mi mancano i problemi logistici e organizzativi. Piuttosto, ho nostalgia di tutto ciò che sta intorno: se quando esci dalla cucina hai i nostri paesaggi e le nostre città, tutto vale di più…

Visto da lontano, la cucina italiana è davvero così effervescente e ricca di talenti come la celebriamo noi?
Secondo me, l’Italia è davvero in forma, nel miglior momento della sua storia, con cuochi che condividono tecniche ed esperienze. Solo 20 anni fa la cucina era un posto segreto e le ricette non andavano condivise, mentre negli ultimi tempi con social e congressi la gente ha cominciato a cambiare e comunicare: grazie a cuochi giovani, produttori e fornitori, è nato davvero un grande movimento di scambio di idee utile a tutto il comparto.

Fa molta ricerca sulla materia prima. Quali sono i prodotti più particolari che ha trovato nel Sol Levante e porterebbe nella nostra Penisola?
L’idea iniziale era lavorare su ingredienti della cucina italiana ma coltivati in Giappone, ovvero trovare ingredienti classici italiani ma originari di qui, come carne rossa, pomodori, carote (che crescono sotto la neve), funghi dal monte Fuji (a tre ore di treno da Tokyo con porcini ovuli e altre meraviglie come gli champignon selvatici). Di straordinario qui hanno agrumi con una componente aromatica incredibile, come lo yuzu. Se ne usano spesso le bucce per servire il pesce, ma li sfruttano anche in mixology per gin tonic e altro. C’è anche una varietà di pomodoro che nasce su terra vulcanica e senz’acqua, simile al tomato cherry, dolcissima, che loro condiscono solo con la soya. Altri prodotti sorprendenti sono gli asparagi, le puntarelle da condire con soya o con olio d’oliva. Il tocco orientale o italiano trasformano molto l’esperienza, e spesso le diverse sensazioni sono alternabili in un pasto per ottenere risultati particolari, dove Oriente e Occidente si fondono in maniera sorprendente. Poi ci sono alcuni ingredienti insostituibili come la pasta, il Carnaroli di Acquerello e il Parmigiano Reggiano, eccellenze poco replicabili, così come l’olio di olive taggiasche.
Guardiamo alla classifica dei Best 50 World Best Restaurants . Lei era in Spagna poco prima che diventasse la cucina egemone nel mondo, poi è stato il turno del Nord Europa, lo scorso anno di Massimo Bottura e oggi dell’Eleven Madison Park di New York. Cosa ci aspettiamo nel prossimo futuro?
Quella del Madison è una grande cucina di ispirazione francese. I trend li decidono i giornalisti e tutti ci si buttano. Quella di quest’anno pare una scelta politica, che sa un po’ di ritorno al passato. La presenza di Massimo Bottura, così come di Crippa, Romito, Alajmo, per noi è fondamentale per far capire che l’Italia ha storia e tradizione, ma anche contemporaneità.

Cosa ha scoperto sul pesce che in Europa non ci potremmo neanche immaginare?
Il pesce che si pesca in Giappone è biologicamente molto diverso da quello dei nostri mari. Poiché le acque sono più fredde e profonde, la carne è più compatta, ha meno sapore. Fare cucina italiana e le sue ricette minimal con il pesce giapponese è dura. Non si può fare la spigola fresca al forno con i pomodorini, qui il pesce va fatto riposare (quasi frollare) per evitare troppa rigidità, non esiste l’idea del pescato e mangiato!

Quanto vino italiano c’è nel suo locale?
Nella nostra carta abbiamo un 90% italiano, più qualche champagne dei brand più prestigiosi. E poi qualche etichetta giapponese per apprezzare il loro sforzo. Tra i nostri vini c’è grande richiesta per Barbaresco, Barolo e Brunello, oltre che di marchi dall’immagine forte come Gaja e Sassicaja. Il giapponese mediamente è molto curioso e, anche se è difficile spiegargli la nostra biodiversità, se se ne innamora lui parte e visita a fondo la zona e quanto c’è intorno. È un popolo molto attento ai dettagli e l’Italia ne è piena, anche se noi spesso li diamo per scontati. Di conseguenza, è inevitabile che la cultura italiana li attragga molto.

Andrea Gori

Fonte:http://www.businesspeople.it/Vino-Ristoranti/Ristoranti-Italia/Luca-Fantin-chef-del-Bulgari-Hotel-di-Tokyo-intervista-102197

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