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13/11/2017 - In Georgia, sul fondo delle anfore di un villaggio di 8mila anni fa, sono state trovate tracce della bevanda. Segno che la vite è stata una delle prime piante coltivate dall'uomo. E che la "Rivoluzione del Neolitico", in tutta la regione, fu accompagnata dai brindisi
L’ERA GLACIALE aveva lasciato spazio a una Terra più tiepida. I cacciatori-raccoglitori cominciavano ad apprezzare i raccolti dei campi. E una delle prime tracce di quel nuovo mondo è ricomparsa oggi sul fondo di una giara. Acido tartarico, acido malico, acido succinico: l’impronta inconfondibile del vino, il primo mai fatto fermentare dall’uomo, come dimostra la datazione al radiocarbonio dell’anfora: 6.000 avanti Cristo.
Siamo in Georgia, dove le viti ancora oggi crescono perfino sui muri screpolati e dove le stesse giare di terracotta vengono usate per la vendemmia, 8mila anni più tardi. Lo scavo neolitico di Gadachrili Gora, 50 chilometri a sud della capitale Tbilisi, ha scippato il primato del brindisi più antico a Hajji Firuz Tepe, sui monti dello Zagros in Iran, dove tracce di uva fermentata sono state trovate in un contenitore datato fra il 5.000 e il 5.400 a.C. Il risultato della scoperta georgiana è appena stato pubblicato sulla rivista scientifica Pnas, con il contributo dell’università di Milano, di quella di Toronto e del Museo Nazionale di Tbilisi.
Gli archeologi hanno raccolto i contenitori dai due siti di Gadachrili Gora e Shulaveris Gora. Poi ne hanno analizzato i residui, rimasti indisturbati sul fondo e sulle pareti delle giare per millenni. “Quel che abbiamo trovato – spiega Stephen Batiuk, archeologo dell’università di Toronto – è il più antico esempio di coltivazione della vite allo scopo preciso di produrre vino”. Se nel mondo oggi esistono 10mila varietà di uva da tavola e da vendemmia, la Georgia ne ospita 500 solo fra quelle adatte alla vinificazione.
“Segno – prosegue Batiuk – che la coltivazione e la produzione di nuove varietà della pianta vanno avanti da moltissimo tempo”. Nel Neolitico, per la diffusione della Vitis vinifera, il Caucaso viene considerato una regione altrettanto adatta dell’Italia o della Francia del sud di oggi. In Georgia i ricercatori di Pnas hanno trovato anche tracce di polline dell'epoca e raffigurazioni di tralci sui resti di ceramica. In Italia invece l’esempio più antico di fermentazione dell’uva è riemerso dagli scavi del monte Kronio, a Sciacca, e di Sant’Ippolito (Caltagirone). Le giare dissotterrate dagli archeologi sono risultate “positive all’alcoltest” proprio ad agosto di quest’anno: risalgono a circa 6mila anni fa.
Per poter fermentare e poi essere servita sotto forma di vino, l’uva aveva bisogno di contenitori adatti. E non è un caso che fra le novità più importanti del neolitico – un’epoca che si estende tra il 15.000 e il 4.500 a.C., con scalette diverse a seconda dell’area geografica – ci sia proprio la produzione di stoviglie e ceramiche. “Altri grandi passi avanti riguardano le arti, la tecnologia e la cucina” conferma Batiuk. “Ma una delle prime manifestazioni dello stile di vita del Neolitico fu senz’altro la viticoltura. La coltivazione della vite portò all’emergere di una cultura del vino nella regione”. Ai brindisi si ricorreva per festeggiare o per celebrare riti religiosi. “La bevanda – conclude Batiuk – veniva usata come medicina, lubrificante sociale, sostanza psicotropa e come merce di scambio, prima nel Caucaso e poi in tutto il medio oriente”.
di ELENA DUSI
Fonte:https://it.businessinsider.com/antonio-civita-panino-giusto-ecco-perche-il-food-italiano-stenta-allestero/