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04/01/2018 - Lo sviluppo della miglior cucina etnica in Italia ha portato – lentamente ma inesorabilmente – a un miglioramento delle cantine nei ristoranti di riferimento.
Da una semplice proposta di birre tricolori o d'importazione e qualche vino tra i più diffusi si è passati a un'offerta più articolata che nel caso dei locali top ha preso le vesti di carte ampie e intelligenti. La crescita maggiore si è registrata nei ristoranti orientali, con i giapponesi in prima fila potendo contare su una buona clientela e una cucina già raffinata in partenza. Ecco perché non potevamo che andare da Iyo per tracciare un quadro del fenomeno: il ristorante milanese di Claudio Liu – grande patron e amante del buon bere – ha una cantina di livello assoluto, cresciuta di pari passo con la fama dei piatti. Quella che ha portato il locale a essere il primo stellato Michelin con cucina etnica nonché ad avere i Tre Mappamondi del Gambero Rosso. Il definitivo salto di qualità per Iyo è stato l'ingaggio del milanese Matteo Ghiringhelli come direttore di sala e chef sommelier. Un fuoriclasse, appena trentenne, già miglior sommelier italiano nel 2010 e tante esperienze fra l'Italia e la Francia.
È lui, con l'aiuto di Danilo Tacconi, a gestire una cantina di 5mila bottiglie circa con 630 referenze di cui 250 ‘bollicine' che piacciono tantissimo a chi frequenta Iyo e in definitiva sono la soluzione più semplice – anche se non sempre corretta – su piatti dai gusti spesso inediti. Italia e Francia dominano logicamente la scena, ma sono ben rappresentate anche le altre nazioni vinicole: Austria, Germania, Spagna, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Argentina… Per un totale di 15 bandierine: è un piacere scorrere la carta dei vini, naturalmente perfetta per comprensione e lucidità. Ci sono ancora le birre (qualcuno le chiede, niente di strano) e una bella selezione di saké. “Ne abbiamo 25, lo trovo un mondo interessante, molto curato, che sto studiando intensamente – spiega Ghiringhelli – ed è giusto che un locale come il nostro le tenga in dovuta considerazione, almeno quanto i vini migliori. Abbiamo un pubblico che pretende l'abbinamento giusto ma al tempo stesso è curioso di novità”. Va sottolineato che Iyo, dal 2006 – anno di apertura – a oggi ha cambiato natura dei piatti: da una visione cino-giapponese si è passati prima a una creativa giapponese, poi a una fusion (con elementi italiani) e attualmente a una cucina all around the world come richiama il nome stesso del locale che significa ‘mondo fluttuante'. Ferma restando la tecnica del Sol Levante – sul sushi e la parte fredda, in primis – non ci sono barriere culinarie e si pesca il meglio da ogni Paese. “Questo ci rende la vita difficile ma al tempo ci esalta – racconta lo chef sommelier – perché si tratta di una cucina spesso composta da elementi in contrasto assoluto. Sbagliare il vino è più facile che colpire nel segno: non è un caso che i giapponesi puntino molto sul saké, bevanda nata per esaltare il gusto del cibo e non per accompagnarlo”.
Cosa abbinare al sushi
Detto questo, andiamo in ordine sparso. Cosa bere con il sushi? “Vini freschi, puri: una Ribolla, una Malvasia istriana, un Verdicchio ma anche una Falanghina di costa. Per provare emozioni nuove, un Pinot Nero e un Sangiovese giovane sono interessanti”. Il sashimi? “In questo caso, visto che si tratta di pesce crudo in purezza, niente di meglio che il saké”. E il ramen che va tanto di moda? “Ecco, questo è il caso tipico di un piatto che mette insieme tanti elementi. Io ragionerei su quello prevalente: se è un ramen ‘leggero' abbinerei un bianco piacevole, se c'è l'uovo sempre un bianco ma di medio corpo e ancora se la carne è importante si può virare su un rosso, comunque non invecchiato”. La cucina cinese, a parte alcune specialità, è impostata su due grandi filoni, quella al vapore e quella fritta. Ghiringhelli ha le idee chiare sul tema. “Un Franciacorta o uno Champagne sono eccellenti per la sequenza dei dim sum, che contemplano le cotture più diverse. Per i piatti di pesce, vedo bene Riesling e Sauvignon mentre la carne trova un buon abbinamento con i Nebbiolo e i Montepulciano”.
Anche birra e cocktail
Fatto certo che la cucina argentina - amata dai carnivori - è la più facile da gestire (“Hanno dei rossi di valore assoluto, conviene scoprirli proprio in occasioni del genere” sottolinea Matteo), non bisogna per forza scegliere un vino quando si gustano piatti particolari. “Per esempio, trovo che la cucina indiana, spesso speziatissima, come quelle coreana e vietnamita siano più adatte alla birra a meno che non vengano interpretate in chiave europea. La tex-mex o quella messicana d'autore si prestano anche ai cocktail”. E l'emergente peruviana? “Il piatto principe, il ceviche, ha una forte acidità che non va aumentata – continua Ghiringhelli – quindi meglio una bollicina ‘rotonda' o anche un bianco siciliano, ma non troppo strutturato. Non trovo sbagliato gustarlo con un cocktail a base di Pisco”.
Chiudiamo con la cucina nordica? “Ideale un buon Riesling austriaco, con tanta mineralità per i piatti a forte acidità mentre se nella ricetta ci sono elementi dolci, ecco che un vino aromatico viene in soccorso”. Abbiamo preso nota di tutto, fermo restando che mai come in questo caso – sull'abbinamento tra cucina etnica e vino non esiste ancora una poderosa bibliografia – vale la pena ricordare l'ammonimento dell'immenso Luis Veronelli, ispirato al proverbio veneto la miglior regola è non andare dietro alla regola.
–di Maurizio Bertera
Fonte:http://www.ilsole24ore.com/art/food/2018-01-04/sushi-tandoori-ceviche-tex-mex-e-bicchiere-ecco-cosa-bere-le-cucine-etniche--153351.shtml?uuid=AExzygbD