Franchising, retail, business
10/01/2018 - Come abbiamo più volte ribadito, BlackBerry ha cambiando da tempo il suo core business focalizzandosi sul software e abbandonando del tutto l'hardware dato in licenza alla cinese TCL che, con il nome di BlackBerry Mobile, sta cercando di rilanciare il marchio canadese. Quello che ci fa piacere leggere direttamente dalle pagine del ilsole24ore.com è il fatto che il nuovo Senior Vice President of Corporate Development & Strategic Partnership è un italiano come possiamo leggere nell'intervista che segue nel resto dell'articolo.
Direttamente dalle pagine del ilsole24ore.com possiamo leggere come:
“Da Eboli alla Silicon Valley. Dal Cilento, in provincia di Salerno, ai vertici di BlackBerry, un tempo gigante della telefonia che ora ha svestito i panni e le sembianze del produttore di hardware di telefoni cellulari per vestire quelli del produttore di software e servizi. «Il momento peggiore è passato. La società ha fatto il turnaround, ha un cash balance di 2,5 miliardi di dollari, è pronta per fare acquisizioni». Anche per questo motivo, per la necessità di fare acquisizioni per far crescere il “nuovo” business, Vito Giallorenzo è approdato da ottobre nella società canadese.
Oggi, a 41 anni, di BlackBerry è Senior Vice President of Corporate Development & Strategic Partnership. A diretto contatto e chiamato in azienda dal chairman e ceo John Chen. «Lavoravo come managing director nella banca d’affari Perella Weinberg Partners che aveva come cliente proprio BlackBerry. Ho iniziato a occuparmi di loro dal 2013». Insomma «proprio da quando l’azienda capì di aver perso la battaglia nel mondo degli smartphone. Bisognava riconvertirsi, trasformare il business. Oggi ci siamo riusciti: BlackBerry è una società che fa licensing del marchio, del software e della tecnologia per smartphones a produttori, ma ha il suo core business nel software e con risultati che si vedono. Siamo profitable da 15 trimestri».
Detta così sembra facile. Ma ad ascoltare la storia di Vito Giallorenzo si finisce per perdersi anche un po’ fra spostamenti qua e là per il mondo con in mezzo anni nelle banche d’affari a cavallo della crisi che quel mondo l’ha scosso: la caduta di Lehman Brothers. Il tutto con un punto di partenza – Eboli – che non è certamente il centro del mondo e con una famiglia alle spalle che con l’alta finanza non aveva nulla a che fare: preside di un istituto superiore il padre, insegnante di Lettere alle scuole medie la madre, un fratello e una sorella. Anche per questo la storia del senior Vice President di BlackBerry appare ancor più paradigmatica.
Dopo il liceo classico a Eboli c’è l’università a Pisa, con iscrizione a Ingegneria meccanica. Lì l’episodio da sliding doors. «Mio padre mi disse di aver letto, proprio sul Sole 24 Ore, l’annuncio di borse di studio dell’Eni per una doppia laurea, in Italia e all’estero». Dopo poco più di un anno a Pisa c’è quindi il passaggio al Politecnico di Milano prima di andare a Chicago, all’Università dell’Illinois. Biennio «molto bello», ma non facile: «Abitavo in una casa malmessa in un quartiere difficile. E con la lingua me la cavavo non proprio benissimo». Finita l’esperienza di Chicago c’è il ritorno a Milano, la laurea e un lavoro in Cisco a Bruxelles «trovato parlando con amici di amici che lavoravano in Cisco, una sera a cena». Altri tempi, prima della bolla del web.
A Bruxelles resta 2 anni e mezzo, prima di tornare a Roma in Cisco per poco più di un anno. Allora Giallorenzo decide di lasciare la “comfort zone”. «Avevo il pallino dell’Mba. E così nel 2005 ho lasciato Cisco per una master all’Insead, in Francia». Master di assoluto livello. L’anno passa fra la Francia e Singapore prima di iniziare a lavorare per Morgan Stanley a Londra nel settore “Media and communications”. «Probabilmente il passaggio da un lavoro “da ingegnere” di Cisco a Roma a quello di banchiere in finanza in Morgan Stanley è stato il momento più duro. Ho dovuto adattarmi molto in fretta a una cultura lavorativa, un’ambiente, un modo di lavorare e un dinamismo molto diversi da quelli a cui ero abituato. In quegli anni in finanza era normale lavorare 15-20 ore al giorno, weekend inclusi, sotto grosse pressioni e tempistiche molto strette. E soprattutto, senza lamentarsi».
Lì altro sliding doors, con Joe Perella che lascia Morgan Stanley e fonda la Perella Weinberg Partners, con ufficio a Londra. Altra avventura a Londra intervallata da un anno di lavoro in Naspers (società che ha un terzo del capitale del big cinese Tencent). Poi rientro in Perella con destinazione Usa: prima a New York e ora, dopo il passaggio in BlackBerry, in Silicon Valley – dove fanno base il ceo John Chen e altri executive – insieme con la moglie Nishta (originaria delle Mauritius e conosciuta in Insead) e le figlie di 7 e 5 anni.
«È stato importante per me avere una competenza tecnica. Non volevo fare il banker puro, ma mi interessava la finanza. Ho avuto la fortuna di riuscire a sfruttare entrambe le cose per il mio lavoro». L’Italia, in tutto questo, è lontana. Forse un domani. «L’investitore medio americano non vede l’Italia come una fonte di innovazione tecnologica. C’è un problema di “misconception” ed è un peccato perché in Italia c’è tanta innovazione».”
Fonte:http://www.blackberryitalia.it/articoli/12651/blackberry--italiano-il-senior-vice-president-of-corporate-development-strategic-partnership-di-bb