Franchising, retail, business
19/03/2018 - I piani non cambiano. Ci sono dieci nuove aperture l’anno nel mirino di Rossopomodoro, il brand ammiraglia del gruppo Sebeto, che la scorsa settimana ha ufficializzato il cambio di investitore con l’uscita del fondo Change Capital Partners, che dal 2011 controllava il 70% delle azioni della società, e l’ingresso di un altro fondo londinese, OpCapita.
Ad affermarlo, in quest’intervista a Pambianco Wine & Food rilasciata subito dopo la conclusione dell’operazione, è il fondatore e presidente di Sebeto, Franco Manna, che mantiene l’incarico e potrà ora avvalersi dei contributi di Marco Airoldi, ex AD di Benetton, con il ruolo di vice presidente e di Roberto Colombo, già COO di Autogrill, come amministratore delegato.
Cosa accadrà in Rossopomodoro?
Tutto procede come prestabilito, compresa la presenza all’interno degli store Eataly dove a febbraio abbiamo inaugurato il nostro ultimo store a Stoccolma, con la prossima apertura prevista in Canada. A livello di franchising apriremo in Oman, la prima di una serie di aperture con un developer locale per Rossopomodoro e anche per il take away a marchio Rossosapore. E poi arriveranno altre pizzerie a conduzione diretta in Italia, un franchising in apertura a Pinerolo e uno a Torino nello Juventus Stadium. Si aggiungeranno, per Rossosapore, le aperture all’interno della rete in concessione a Chef Express.
E per Ham Holy Burger, il vostro marchio di fascia più alta legato all’hamburger gourmet?
Lo scontrino medio di Ham Holy Burger è certamente superiore a quello di Rossopomodoro, trattandosi di carne selezionata e non di pizza o primi piatti, ma le logiche di selezione degli alimenti sono le stesse in entrambi i format, con ampio spazio a presidi Slow Food e attenzioni maniacali verso l’inserimento di nuovi cultivar, pertanto non li consideriamo più o meno qualitativi in un ipotetico confronto. L’ultima apertura di Ham Holy Burger è stata effettuata a fine anno all’outlet di Castel Romano, mentre nel 2018 abbiamo in agenda l’opening di Marcianise e un altro paio di operazioni in Italia, all’interno dell’accordo concluso con McArthurGlen.
Avete anche Anima e Cozze…
Si tratta di un marchio di opportunità: lo sviluppiamo, ma solo se emerge una location particolarmente attrattiva in una zona che già presidiamo con Rossopomodoro. In tal caso, la occupiamo aprendo un ristorante Anima e Cozze. Non è strategico, ma non vogliamo neppure liberarcene.
Come avete chiuso il 2017?
L’aumento del fatturato consolidato è del 25%, considerando anche le nuove aperture, mentre in termini like for like siamo cresciuti dell’8% con Rossopomodoro e siamo contenti per i risultati economici e anche per il rafforzamento di immagine, ottenuto con il riconoscimento da parte dell’Unesco dell’arte dei pizzaioli italiani, di cui siamo stati promotori con una raccolta di oltre 2 milioni di firme. Il bilancio non è ancora stato chiuso, ma dovremmo essere sui 175 milioni a livello di gruppo.
Perché i fondi di private equity sono così attratti dalla ristorazione?
La ristorazione intesa come catene di locali, in Italia, era quasi inesistente fino al decennio scorso. Oggi esistono delle società strutturate, ma quelle veramente organizzate e con un numero importante di punti vendita si contano ancora sulle dita di due mani. Pertanto, si sommano le grandi opportunità di crescita di queste catene, in Italia e all’estero, e la tendenza sempre più forte ai consumi di pasti fuori casa. E dove c’è crescita c’è anche finanza…
Fonte:http://wine.pambianconews.com/2018/03/rossopomodoro-i-piani-dopo-il-cambio-di-fondo/180321