Franchising, retail, business
09/06/2014
I consumatori di caffè si dividono in due categorie, nette e spesso non sovrapponibili: gli amanti dell’espresso e gli amanti della moka. Fino a qualche anno fa la distinzione era assimilabile all’abitudine di prendere il caffè al bar o berlo a casa, ora non più. L’avvento delle macchine per espresso casalinghe ha cambiato un po’ le abitudini; andando indietro negli anni, sulla spinta di una moda d’oltreoceano (ma non solo), in molte cucine campeggiava la macchina per il caffè americano. In realtà i metodi di estrazione del caffè sono molteplici e spesso ignorati. Per questo motivo abbiamo pensato a una veloce panoramica sulle alternative casalinghe, dalla più semplice alla più complessa per offrire una scelta ragionata al sapore più amato del risveglio.
1- Caffè alla turca. Sfrutta l’infusione per estrarre aromi e sapori dalla polvere di caffè, mediamente tostato e appena macinato o preferibilmente frantumato in un mortaio. Si prepara nel tipico bricco in rame stagnato, cezve o ibrik, riempito di acqua in base al numero di tazze che si vuole estrarre; si aggiungono 2 cucchiaini di polvere per ciascuna tazza. A fuoco molto basso si porta a ebollizione la sospensione tenendo il bricco per il manico, in modo da evitare che bollendo fuoriesca la schiuma. Dopo questa prima bollitura si distribuisce il caffè fino a mezza tazzina e si rimette il bricco sul fuoco per far spiccare nuovamente il bollore. A questo punto si distribuisce di nuovo equamente il liquido e la schiuma; il caffè ottenuto non viene filtrato: va sorbito a piccoli sorsi senza inclinare velocemente la tazzina, facendo sì che la polvere si depositi sul fondo. Può essere zuccherato in base ai gusti degli ospiti in fase di preparazione.
2- Caffè arabo. Anche questo metodo sfrutta l’infusione della polvere in acqua vicino al bollore; i chicchi di caffè, preferibilmente di qualità arabica, sono macinati al momento o frantumati in un mortaio insieme ai semi estratti dalle capsule di cardamomo. Dato l’intenso aroma balsamico del cardamomo verde è consigliabile iniziare con piccole dosi che si possono aumentare in base ai propri gusti; anche l’aggiunta di pochi pistilli di zafferano conferisce caratteristiche tipiche alla bevanda. Nella dallah, caffettiera alta con il becco lungo e stretto, si porta a ebollizione una tazzina di acqua per ciascun ospite, più mezza tazzina che evaporerà; giunta a bollore si toglie dal fuoco e si aggiunge la polvere, un cucchiaino per ospite. Si mescola per far entrare la polvere in sospensione, evitando di bruciarla a contatto con il fondo caldo, e si riporta su fuoco basso per riprendere il bollore; questa operazione va ripetuta 3 volte. Infine si batte la caffettiera su un piano di lavoro per fare in modo che la polvere si depositi sul fondo e si versa il caffè nelle tazzine; prima di sorbire è bene aspettare che la polvere si sia depositata sul fondo della tazzina.
3- Napoletana. Si basa sul principio della percolazione, ossia del lento passaggio di un liquido (acqua vicina al punto di ebollizione) attraverso un solido filtrante (polvere di caffè). È costituita da un serbatoio, forato nella parte superiore, in cui si incastra un cilindro cavo che funge da contenitore per il caffè macinato, forato sulle due superfici, e un ulteriore serbatoio per la bevanda dotato di beccuccio. Al momento del bollore, il vapore prodotto fuoriesce dal piccolo foro del serbatoio dell’acqua e avvisa del momento in cui spegnere il fuoco e capovolgere la cuccumella. A fuoco spento l’acqua che prima bolliva e ora si trova intorno ai 98° C percolerà attraverso il caffè raccogliendosi nel contenitore sottostante. Dopo un tempo variabile tra i 5 e i 10 minuti, in funzione della grandezza della caffettiera, il processo sarà esaurito e il caffè pronto per essere servito; in questo tempo, per evitare la fuoriuscita dal beccuccio degli aromi, è consigliabile apporre un coppetiello, piccolo cono di carta leggermente inumidita, all’apice del beccuccio stesso.
4- French press. Un altro metodo basato sull’infusione a caldo: in un bricco di vetro resistente alla temperatura, non necessariamente borosilicato visto che non va mai posto sul fuoco, si depongono dai 6 agli 8 grammi di polvere di caffè macinato a grana medio-grossa per ciascuna tazza. A parte si portano a ebollizione 220 cc di acqua circa per ogni tazza e si lascia freddare un minuto prima di versare sulla polvere, questo perché la temperatura di inizio infusione è preferibile non superi i 96° C. Si mescola con un cucchiaio fino alla formazione di una lieve schiuma superficiale, quindi si chiude con l’apposito coperchio munito di stantuffo a rete fitta. Dopo aver lasciato in infusione per un tempo variabile tra i 4 e i 6 minuti si abbassa progressivamente e delicatamente lo stantuffo: questo movimento fa in modo che la polvere si depositi forzatamente sul fondo e il liquido che filtra attraverso la maglia metallica sia limpido.
5- Dripper. Letteralmente gocciolatore, questo sistema usa il metodo di percolazione e filtraggio a caduta: il drip, tronco di cono scanalato internamente e forato sulla base, viene posizionato sulla tazza in cui andremo poi a raccogliere il caffè. All’interno del drop viene posizionato un cono in carta alimentare che fungerà da filtro; a parte si scalda sufficiente acqua fino a una temperatura ideale di 97° C. Come prima cosa si bagna leggermente il filtro per eliminare ogni eventuale traccia di odore di carta, si aggiunge la dose di polvere di caffè (2 tbs, circa 10 g per 6 once di acqua, 177 cc circa) e si bagna gradualmente la polvere, per idratarla, con un quarto dell’acqua, consentendo così una preinfusione. Quando questa sarà gocciolata nella tazza si aggiunge tutta la rimanente acqua e si attende il completo passaggio del caffè. La macinatura in questo caso è consigliata più fine di quella per la French ma non sottile come quella per la moka.
6- Aeropress. Metodo concettualmente simile a quello utilizzato per la French press ma con alcune caratteristiche innovative. Il sistema è sviluppato sull’utilizzo di due cilindrici cavi concentrici. Si inserisce la polvere di caffè nel cilindro superiore e si aggiunge acqua a una temperatura compresa tra i 78 e gli 85° C, si mescola delicatamente e si chiude con l’apposito coperchio forato su cui si appone un ulteriore filtro in carta alimentare. Si capovolge facendo combaciare il coperchio con la tazza in cui si andrà a raccogliere il caffè e si effettua una pressione decisa, regolare e costante. Il vantaggio di questo sistema rispetto alla French sta nella temperatura dell’acqua inferiore (per evitare di estrarre aromi indesiderati) e il tempo di riposo di infusione ridotto a pochi secondi. Inoltre la macinatura può essere della grana preferita e scelta in base alla forza del caffè desiderata: tanto più è fine, tanto più forte è il caffè che ne deriva.
7- Sifone giapponese. Questo sistema è composto da due camere sovrapposte, una sferica per favorire una distribuzione omogenea del calore e quella superiore aperta, entrambe in vetro borosilicato per resistere al contatto diretto con la forte di calore. Nella camera inferiore si inserisce l’acqua a temperatura ambiente e si aziona la fiamma al di sotto del vetro. All’aumentare della temperatura, il vapore prodotto espandendosi è forzato nel passaggio attraverso un tubo stretto che collega le due camere, all’interno del quale è stata precedente posta la povere di caffè. Una volta che raccolta l’acqua nel contenitore superiore insieme alla polvere in sospensione si mescola delicatamente, nella camera inferiore rimane come residuo una piccola quantità di acqua che, mantenuta sulla fonte di calore, permetterà alla colonna di vapore di sostenere la pressione durante tutto il processo. Terminata l’infusione si spegne la fiamma e la pressione all’interno della camera chiusa inferiore inizierà a diminuire, quindi il caffè infuso nella parte superiore inizierà a scendere per effetto della gravità e della differenza di pressione, raccogliendosi nel contenitore sottostante.
Fonte: agrodolce.it