Franchising, retail, business
15/06/2018 - Dopo il predominio assoluto di super e ipermercati, il ritorno lento ma costante di luoghi dove si produce e propone enogastronomia di qualità.
C'erano una volta i negozi di alimentari. Che prima ancora erano semplicemente empori, botteghe generaliste dove trovare un po'di tutto, dal borotalco al burro, fino alla copertura per i vasi sul balcone. Esattamente quello che oggi offrono super e (ancor di più) iper. La parola "mercato" è stata abbandonata rapidamente, cannibalizzata dalla dimensione e dalla vastità dell'offerta.
In mezzo - tra gli empori onnicomprensivi e i centri commerciali - c'è stato il tempo delle botteghe, dove il cibo veniva declinato secondo attitudine del titolare ed esigenze della comunità, con numero e qualità direttamente proporzionali alla crescita della capacità di spesa. Negli ultimi dieci anni, il numero degli esercizi commerciali è complessivamente sceso di oltre centomila unità, su un totale vicino al milione. Parafrasando Gianni Morandi, uno su dieci non ce la fa. Sul breve periodo, i dati sono di gran lunga peggiori, se è vero che nei primi ventiquattro mesi di apertura le saracinesche si abbassano definitivamente in un caso su tre.
Eppure qualcosa sta cambiando. Non è tanto il percepito della situazione economica a fare la differenza - i numeri della crisi continuano a essere vissuti come macigni dagli operatori - quanto un lento recupero di cultura alimentare, misto a una nuova sensibilità gastronomica. Ecco il senso della ri-nascita di vecchie e nuove botteghe alimentari, dove l'eccellenza non fa necessariamente rima con lustrini e pailettes. Certo, il rischio del "sotto il vestito niente (o pochissimo)" abita tutte le stanze dell'offerta commerciale, compresa quella alimentare: finte fattorie e lussuosi atelier, commessi travestiti da mugnai e grembiuli da alta moda, modalità contadine e bocconi come gioielli.
Ma al netto della forma che a volte non coincide con la sostanza, aumenta il numero degli artigiani appassionati che stanno rialzando la testa. Pensiamo alle latterie dove trovare il latte di pascolo, i formaggi a latte crudo, gli yogurt buoni e cremosi senza trucchi a base di panna e senza acido citrico per conservare una materia prima mediocre. Oppure i forni dove macinature a pietra e lievitazioni naturali non sono definizioni vuote ma scelte di vita e di lavoro. E poi le gastronomie, che si accollano un enorme lavoro di selezione dei prodotti e di preparazione, vere professionalità da Oscar dell'artigianato gastronomico.
Tra i nomi storici, fin troppo facile fare il nome di Peck, la rutilante superbottega spalmata su due isolati alle spalle del Duomo di Milano, nata nel 1883 grazie a un'intuizione del salumiere praghese Francesco Peck . Proprio dai fratelli Stoppani - alla guida di Peck a partire dagli anni '70 - il torinese Maurilio Baudracco è andato a fare il garzone, prima di aprire la sua straordinaria Salumeria a pochi passi dalla stazione Porta Nuova a Torino, mentre Volpetti fa ha trovato la sua fortuna portando nel cuore di Roma, quartiere Testaccio, il meglio della norcineria da dove era partita, ovvero Norcia.
Ai grandi vecchi della gastronomia italiana con le loro autoproduzioni di gran classe, dal mascarpone alla salagione in vena dei prosciutti cotti, negli ultimi anni si sono affiancati giovani artigiani animati da passione antica. In altri casi, le nuove generazioni di bottegai storici hanno dato nuova linfa all'attività di famiglia. Succede a La Tradizione di Vico Equense, Napoli, ricettacolo delle migliori eccellenze campane (e non solo) trasformata dai figli di Annamaria e Salvatore De Gennaro in un imperdibile snodo di cibo, parole, incontri e vini. Oppure la macelleria-culto Brarda di Cavour, nella campagna torinese, dove genero e figlia hanno aggiunto alla selezioni di carni magnifiche il meglio della gastronomia piemontese fatta in casa.
Certo, sulla carta i prezzi non sono né da super né da iper. Ma chi avesse voglia di pesare la differenza tra un prosciutto sano e uno gonfiato con i polifosfati, o tra un formaggio di pascolo stagionato, da gustare con la golosa sobrietà che si deve ai bocconi pregiati, e un formaggio del discount, capirebbe molto bene che a risparmiare - anche in salute - non è chi cerca il risparmio a discapito della qualità. Parola di bottega artigiana.
di LICIA GRANELLO
Fonte:http://www.repubblica.it/sapori/2018/02/15/news/botteghe_artigiane_rinascita_gastronomia_alta_qualita-188903543/?refresh_ce
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