Franchising, retail, business



 

BURGHY, LA STORIA DI UN SUCCESSO ITALIANO CHE MISE IN CRISI MCDONALD’S

01burghy

26/06/2018 - Milano, 1982. Il Duomo, se possibile, è più grigio del solito. La città è reduce da un decennio infernale, quello dei cosiddetti Anni di piombo, iniziati nel 1969 con la strage di piazza Fontana e terminati nel 1979 con l’omicidio Ambrosoli.

C’è voglia di riscatto, di leggerezza. Così gli Anni ’80 iniziano all’insegna della futilità, della moda e dell’euforia. Sono gli anni della Milano da bere, degli aperitivi, di Drive In in tv e degli Yuppies. È proprio in questo periodo che in Italia, a Milano per la precisione, arriva un nuovo modo di concepire la ristorazione. Sul modello americano del fast food, la catena di supermercati GS, di proprietà Sme, fonda Burghy.

Si tratta di un business made in Usa, incentrato sulla vendita di panini con hamburger. I punti vendita sono sei, sparsi tra il centro della città e le zone limitrofe. Quello di piazza San Babila diventa addirittura il cuore pulsante del movimento culturale dei paninari, i giovani della Milano bene, disinteressati alla politica ma attenti alla moda e ai cliché veicolati dal cinema e dalla televisione commerciale.

Un tipo d’innovazione, quella portata da Burghy, che se da un lato fidelizza un certo tipo di cliente, dall’altro manca di fare il salto di qualità che la consacrerebbe in maniera definitiva. Così, frutto probabilmente delle difficoltà gestionali di Sme, incapace di seguire i ritmi del mercato, i conti iniziano ad andare in perdita e nel 1985 la catena viene messa sul mercato.

A interessarsi è il Gruppo Cremonini, azienda modenese leader nel settore alimentare, che, suggestionata dall’apertura di un mercato dal potenziale indubbio e già fornitore di carne per Burghy, fiuta un business scalabile. L’acquisto viene così perfezionato nel 1985.

I PRECEDENTI
Cremonini non è nuovo a questo genere di affari. Già nel 1982 acquistò Sofile, società di ristorazione collettiva milanese, rilevandola dalla stessa Sme e ribattezzandola Agape, aprendosi definitivamente al mercato come una vera e propria industria della carne. Anche l’interesse per il settore della ristorazione non è del tutto nuovo per il Gruppo. Tra il 1983 e il 1984, infatti, a Rimini, Pietro Arpesella, proprietario del Grand Hotel (reso celebre dal film Amarcord di Fellini), ha aperto sul lungomare un fast food all’italiana, di nome Italy & Italy. Rapidità ed economicità dei menù si sposano con i piatti della tradizione culinaria del Belpaese, dando vita a un modello di ristorazione all’avanguardia per quegli anni. Gli affari tuttavia languiscono e il Gruppo Cremonini, smanioso di entrare nel mondo della ristorazione, rileva il locale. La qualità del cibo italiano diventa per la prima volta compatibile con i ritmi di vita quotidiana, sempre più frenetici.

Ma torniamo a Burghy, perché, se dal punto di vista imprenditoriale non è la prima acquisizione fatta da parte del Gruppo Cremonini, da un punto di vista dell’innovazione siamo al punto di svolta.

Burghy Drive In_1988

Sotto la nuova proprietà Burghy cresce e si rinnova. Apre anche il primo fast food drive-in in Italia, a Castelletto Ticino (Varese). Lo sviluppo della catena procede di pari passo con la gestione di Italy & Italy. Per ora le due realtà non si pestano i piedi. Prodotti diversi per clientela diversa. Ad accomunarle però c’è la fatica a decollare definitivamente. Dopo 3 anni e 5 miliardi di Lire di perdite, la soluzione ha un nome e un cognome: Vincenzo Cremonini.

VINCENZO CREMONINI
“Ho studiato ragioneria. Poi ho lavorato per un anno e mezzo nell’ufficio bestiame dell’azienda. Andavo nei mercati e compravo gli animali: a casa mia queste realtà le avevo respirate fin da bambino. Concluso il servizio militare, nel 1985 ho avuto l’occasione di andare negli Stati Uniti per imparare l’inglese per poi entrare alla Boston University, dove mi sono laureato. Un’esperienza di vita prima che di studio. Ero fortunato, perché avevo la possibilità di stare in un contesto nuovo nel quale dovevo soltanto studiare, cercare di capire e vivere in una realtà allora molto diversa dall’Italia. Nel 1988 mi sono laureato e sono tornato a casa con i gradi dell’americano di famiglia”.

Vincenzo, figlio di Luigi Cremonini, fondatore del Gruppo omonimo, ha 25 anni, una laurea in business administration alla Boston University e una conoscenza molto approfondita del mondo della ristorazione. Era stato lui, in conversazioni private con il padre, a instillare la voglia di intraprendere l’avventura del fast food.

“Mio padre mi disse: abbiamo preso una nuova società, Burghy, che ha sede a Milano. Siccome tu hai finito di studiare, andrai là a gestirla. All’inizio quello è stato tutt’altro che un favore, perché l’unica accertata capacità del sottoscritto era l’aver mangiato per tre anni e mezzo gli hamburger negli Stati Uniti. Non avevo un curriculum adatto per gestire una società che allora perdeva quasi quanto fatturava. Col senno di poi devo dire che l’essere stato buttato così nella mischia ha fatto in modo che spiegassi le ali e provassi a volare”.

Ero un ragazzo di 25 anni, privo dell’esperienza necessaria di come si amministrasse un’azienda, ma mi è andata bene. Ho avvertito la fiducia, a poco a poco ci siamo sviluppati, abbiamo spostato la sede a Modena, abbiamo cominciato a fare qualche acquisizione e dai 20 locali che avevamo inizialmente, in undici anni abbiamo creato un’azienda che produceva utili, con 96 locali operativi, una storia di successo, un brand fortissimo. Eravamo l’unica nazione in Europa in cui i competitor internazionali erano e rimanevano secondi. Anzi, il gap si allargava sempre più”.

L’ingrandimento del business legato alla ristorazione, però, non si placò mai del tutto. Nel 1988 Gruppo Cremonini acquistò Quick e Burger One rispettivamente da Rinascente e Perfetti. Due realtà che, con Burghy e Italy & Italy, andarono a fare dell’azienda un colosso del settore, oltre che un modello internazionale di crescita e sviluppo imprenditoriale.

“Nel 1989, a fronte di queste acquisizioni, abbiamo deciso di concentrare tutte queste attività sotto un unico brand, quello di Burghy, per massimizzare le sinergie e ottimizzare i costi derivanti dalla gestione di un unico format. Scelta che è stata alla base del successo della catena negli anni successivi”.

L’ACQUISIZIONE DA PARTE DI MCDONALD’S
Nel 1996, undici anni dopo il suo acquisto, la catena Burghy (il cui marchio è di proprietà della società Foodservice System Italia Spa) viene ceduta agli americani di McDonald’s. Al momento della cessione, l’attività è nel suo massimo splendore: conta 96 locali attivi e un ricavo annuo di 220 miliardi di Lire.

Ma perché viene venduta?

La catena italiana, fino a quel momento, si è ingrandita al punto di essere considerata leader nel settore dei ristoranti fast food. Nessun concorrente può insediarla. Nemmeno McDonald’s, che nel 1995 si ferma a una crescita annua del 12%, a fronte del 19% fatto registrare da Burghy.

Così, complice anche una situazione economico-finanziaria del momento, nel 1996 McDonald’s si fa avanti per rilevare la catena. I ristoranti passano alla compagnia americana per un totale di 200 miliardi di Lire, oltre all’accordo esclusivo per la fornitura di carne a McDonald’s da parte del Gruppo Cremonini per i cinque anni successivi.

A giustificare la vendita, ci ha pensato Vincenzo Cremonini, da molti considerato il papà della catena.

“Burghy, che è stata la mia prima grande esperienza lavorativa, operava in un settore, la ristorazione veloce, nel quale i brand internazionali inevitabilmente nel medio-lungo periodo avrebbero dominato la scena. Davanti a questa consapevolezza avevamo sviluppato un modello di business in virtù del quale il concorrente internazionale sarebbe stato costretto ad acquisirci per prendersi il mercato. […] Fosse rimasto un business domestico avremmo perso molte opportunità. […] E’ stato doveroso per Burghy convolare a nozze con il leader. […] Quella cessione è stata una fortuna per chi ha comprato come lo è stata per chi ha venduto”.

La cessione è avvenuta a margine della firma di un accordo di fornitura e di un patto di non concorrenza, in virtù del quale il Gruppo ha abbandonato definitivamente il campo della ristorazione veloce.

CREMONINI, OGGI
Si chiude così la meravigliosa e affascinante avventura di Burghy. Una storia di successo firmata Gruppo Cremonini, ancora oggi una delle maggiori realtà industriali italiane. Con i suoi 9.700 dipendenti e un fatturato (2015) di oltre 3 miliardi di Euro, Cremonini è oggi la prima società privata in Europa nella produzione di carni bovine (Inalca e Italia Alimentari), oltre che essere il numero uno in Italia nella commercializzazione e distribuzione al foodservice di prodotti alimentari (MARR). È inoltre leader nei buffet delle stazioni ferroviarie e vanta una presenza non indifferente nei principali scali aeroportuali con Chef Express. È infine attiva nel campo della ristorazione commerciale con la catena di steakhouse Roadhouse Grill.

DI FEDERICO CIAPPARONI

Fonte:http://www.smartweek.it/burghy-la-storia-un-successo-italiano-mise-crisi-mcdonalds/

LEGGI GLI ALTRI BLOG


Disclaimer per contenuti blog

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. L'autore non è responsabile per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post.Verranno cancellati i commenti ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy. Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, vogliate comunicarlo via email. Saranno immediatamente rimossi.L'autore del blog non è responsabile dei siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo.

Logo FEPbyFFF dates UK

 

ImmagineCompanyProfileUK2ImmagineCompanyProfileIT2

Logo Store inout BrD piccoloL’idea di creare un blog giornaliero per  il mondo del retail nasce grazie ai continui feedback positivi che riceviamo dalle notizie condivise attraverso diversi canali.
Rivolto a tutte le tipologie di distribuzione presenti sul mercato: dal dettaglio ai grandi mall, dal commercio locale e nazionale alle catene di negozi internazionali, investitori, ai nostri fedeli clienti e chiunque altro è realmente interessato allo studio e all'approfondimento su ciò che guida il comportamento dei consumatori. E' anche un blog per tutti coloro i quali lavorano già nel mondo del Retail.
Verranno condivise le loro esperienze, le loro attitudini e le loro experties. Un blog di condivisione, quindi.
Ospitato sul sito della BRD Consulting, che da decenni lavora nel mondo distributivo Italiano ed Internazionale, il blog Store in & out riguarderà il business, i marchi e i comportamenti d'acquisto propri di alcune delle più grandi aziende.
Ci saranno anche notizie in lingua originale per dare evidenza dell’attenzione della nostra Azienda nei confronti del global.
È possibile raggiungere lo staff  a: info@brdconsulting.it

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Continuando la navigazione su questo sito accetti che vengano utilizzati.