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07/09/2018 - A StartupItalia! Luca Carabetta, vice presidente della commissione Attività Produttive: "Possiamo diventare una startup nation come il Regno Unito"
Tecnicamente, potrebbe non essere un fondo di investimento e l’On. Luca Carabetta, vice presidente della commissione Attività Produttive della Camera, tiene a specificarlo: “Il Governo sta valutando l’idea di un vettore pubblico in grado di smuovere capitale di rischio, in cui lo Stato fa da co-investitore, così da attrarre capitali ed imprese estere”. Ma la definizione puntuale, in fondo, conta poco. Quello che al pubblico di imprenditori interessa certamente di più è la cifra: “Un obiettivo concreto – continua Carabetta – sarebbe arrivare a tre miliardi”. L’Inghilterra, nel 2017, di miliardi ne ha attratto 7,5. La domanda dunque è: il governo italiano dove prenderà una simile quantità di denaro?
Casse di previdenza, fondi pensione, assicurazioni e banche
Non dallo Stato. O almeno non solo, è ancora presto per i dettagli. Ma, in periodo di Legge di Bilancio e di spread tornato a salire perché chi ha in mano il nostro debito vuole avere anzitutto rassicurazioni sulla spesa pubblica dall’esecutivo Conte, questo primo dettaglio è senz’altro rincuorante. “Vogliamo coinvolgere i privati, spingerli a puntare sulle startup innovative – illustra Carabetta – e quindi pensiamo di coinvolgere le casse di previdenza dei professionisti, i fondi pensione, le assicurazioni e gli istituti di credito”.
“Nel dettaglio – prosegue il vice presidente della commissione Attività Produttive – stiamo elaborando le nostre considerazioni valutando un’industria dei capitali che, tra investitori istituzionali e risparmio gestito, si attesta a quasi tre mila miliardi di euro. Occorrerà coinvolgere i gestori in un’operazione di investimento nel futuro di questo Paese e il Governo sarà in prima linea per sostenere quella che sarà una vera e propria rivoluzione nel mercato”.
Una razionalizzazione del sistema, sotto la guida dello Stato
Del resto, sottolinea Carabetta: “Oggi il mercato degli investitori istituzionali [ovvero le Casse previdenziali dei professionisti NdR] è eccessivamente frammentato: i soggetti più piccoli non effettuano investimenti rischiosi, preferendo puntare su quelli sicuri. Molti Enti hanno già manifestato l’intenzione di investire nel futuro del Paese: Enasarco [l’Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio NdR], per esempio, si è già addirittura mossa concretamente in questo senso attraverso importanti variazioni del portafoglio. Ciò che serve ora è una piattaforma pubblica che faccia da garante e da collante”.
Grazie al vettore pubblico possiamo diventare una startup nation come l'UK
Questo vuole forse dire che, in caso di perdite, sarà lo Stato a metterci i soldi persi dalle Casse e dai fondi pensione privati, rimborsandoli? “No – assicura Carabetta – perché il nostro scopo è fare in modo che arrivino soldi dai privati, ma saranno pur sempre capitali di rischio, in conformità con le regole di mercato, allineandoci a tutti i principali sani ecosistemi startup al mondo”. Insomma, secondo le anticipazioni del vice presidente della commissione Attività Produttive, il rischio rimane.
Non stiamo inventando nulla di nuovo. In Francia esiste già e funziona
Ma, a proposito di regole di mercato, dato che le agevolazioni ci saranno purché si investa in startup innovative italiane, siamo sicuri che ciò sarà tollerato da Bruxelles e non venga bollato come una alterazione del gioco della concorrenza, ovvero un aiuto di Stato alle imprese private? Anche qui, Carabetta è sicuro: “Noi non stiamo inventando nulla di nuovo. In Francia, BPI France investe persino nelle singole startup. Gli imprenditori italiani lo sanno bene dato che, per ottenere le agevolazioni francesi sono costretti ad aprire una sede in Francia. Allo stesso modo, la Spagna ha smobilizzato 1,5 miliardi”.
Ci sarà anche Cdp?
Quindi il capitale di rischio sarà interamente privato? “Non è detto, stiamo valutando anche l’ipotesi di investimenti statali e l’utilizzo di Fondi Europei”, ma per saperne di più in merito bisognerà attendere la prossima Legge di Bilancio. Ciò che sembra trapelare dal Palazzo è un possibile coinvolgimento di Cassa Depositi e Prestiti. Del resto, Cdp non è certo nuova in questo genere di operazioni. Ricordiamo che già oggi esiste una collaborazione tra il Fondo Italiano d’Investimento, costituito presso la Cassa Depositi e Prestiti assieme ad Assofondipensione (rappresentante dei fondi pensione negoziali, nata nel 2003 per impulso delle parti sociali dell’impresa e dei lavoratori) che ha come scopo quello di fare arrivare (e far fruttare) il risparmio previdenziale all’economia reale.
Ciò che serve ora è una piattaforma pubblica che faccia da garante e da collante
Movimento 5 Stelle intende insomma stimolare il sistema, ovviare allo storico problema del nanismo industriale italiano agendo su più fronti “per esempio, i fondi Pir, pensati per finanziare le PMI anche non quotate, potrebbero dare un 3% in Venture Capital: parliamo di 300 milioni di euro annui”, spiega ancora Carabetta, che non sembra affatto preoccupato dal tema della copertura finanziaria della legge, su cui comunque bisognerà ragionare (ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 81 della Costituzione: “ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”). “Più che un costo – dice Carabetta – sarà in realtà un valore, perché genererà capitali, ne attrarrà soprattutto dall’estero, creerà un indotto… insomma, sarà un investimento sul nostro futuro”.
Presto l’indagine sulle startup del Paese
Sempre a settembre, verrà avviata dall’esecutivo quell’indagine sulle startup italiane di cui avevamo già parlato, proposta proprio dal Vice Presidente della Commissione Attività Produttive. “Attraverso l’indagine – motiva Carabetta – chiameremo in Parlamento tutti gli stakeholder al fine di perfezionare questo dispositivo e di individuare ulteriori soluzioni al problema degli investimenti in capitale di rischio in Italia”.
Carabetta: “Con la piattaforma dello Stato possibile la startup nation”
“Se si considera che in termini di Venture Capital l’Inghilterra nel 2017 ha saputo attrarre 7,5 miliardi e che un buon obiettivo italiano possa essere pari a 3 miliardi – conclude Carabetta – possiamo dire che, grazie al vettore pubblico che smuove capitale di rischio, dovremmo riuscire finalmente a diventare una startup nation, così da rendere il mercato Venture Capital finalmente competitivo, in cui le startup innovative inizieranno a scalare, diventando protagoniste di questa rivoluzione industriale”. Questi, insomma, gli obiettivi. Ora resta da vedere cosa licenzierà davvero il Parlamento e se l’alleato di maggioranza, la Lega, consentirà ai pentastellati di coinvolgere i fondi pensione: la risposta la avremo già con la Legge di Bilancio.
- Carlo Terzano
Fonte:http://startupitalia.eu/96535-20180907-3-miliardi-startup-innovative-m5s
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