Franchising, retail, business
11/07/2014
L'Europa è un mercato molto importante per la Cina, che fa delle esportazioni il suo business più grande. I porti italiani potrebbero essere un importante nodo di scarico delle merci cinesi, il governo dovrebbe cercare di sfruttare questa opportunità.
Secondo la Commissione Europea le importazioni dalla Cina sono cresciute attorno al 21% annuale dal 2003 al 2007, e soltanto nel 2007 l'Unione Europea ha importanto merci cinesi per oltre 230 miliardi di euro.
Il 40% dell'economia cinese è basato sulle esportazioni! Mezzo miliardo di consumatori europei rappresentano per la Cina un vastissimo bacino di introiti annuali.
È ovvio che i beni cinesi possono essere venduti ai ricchi consumatori del Vecchio Continente solo se riescono materialmente a raggiungere i suoi negozi e i suoi centri commerciali. Ecco perché i porti italiani sono importanti per la prosperità cinese.
Attualmente le società cinesi preferiscono inviare la loro merce nei più efficienti porti del Nord Europa, a cominciare da quello di Rotterdam, nei Paesi Bassi.
In realtà il Benelux è da sempre al centro dei commerci europei: a ovest, oltre la Manica, c'è la Gran Bretagna, a est la Germania e l'Est Europa, a sud la Francia e a nord la Scandinavia (non stupisce che per secoli le principali potenze europee si siano azzuffate per il controllo dei porti di Anversa, Rotterdam e Amsterdam).
Comunque la distanza tra i principali porti cinesi e Rotterdam è assai maggiore di quella tra gli stessi e quelli italiani: dopo il canale di Suez le navi della Repubblica Popolare devono attraversare il Mediterraneo, passare lo stretto di Gibilterra, costeggiare Portogallo, Spagna, Francia e Belgio prima di intravedere le banchine di Rotterdam.
E un viaggio più lungo non richiede solo più tempo, ma anche più carburante, più rischi e, in una sola parola, più soldi.
Come ha riconosciuto lo stesso governo italiano, i porti della nostra penisola hanno il vantaggio di poter essere raggiunti dalle navi che passano il canale di Suez una settimana prima di quelli nordeuropei.
Gli armatori cinesi però stanno sempre più puntando sul Pireo, il grande porto di Atene famoso sin dai tempi di Pericle. Secondo l'ex primo ministro greco Costas Karamanlis i porti del suo paese 'possono fungere da centri di transito per i prodotti cinesi destinati all'Unione Europea, ma anche per gli stati dell'Europa sudorientale e del Mediterraneo Orientale'.
Certo, la Grecia è vicina alla Turchia, alla Bulgaria, ai Balcani. Tuttavia le economie della regione non sono paragonabili a quelle di Germania, Francia o Italia, e la stessa Grecia è un paese di scarso peso economico, e con una forte instabilità sociale e politica: gli attentati terroristici e le violenze, sia di destra che di sinitra, ad Atene sono all'ordine del giorno; e i portuali del Pireo non sembrano molto contenti di lavorare per i cinesi.
Inoltre l'Austria, 'la porta dell'Occidente', dista dal Pireo assai più che dall'Italia meridionale, e per raggiungerla un camionista greco deve attraversare paesi come la FYROM (Macedonia), la Serbia, la Bosnia e la Croazia.
Inoltre questi paesi, fino a ieri in gravissime condizioni politiche ed economiche, non sono ancora membri dell'Unione Europea, né lo saranno a breve (con l'eccezione della Croazia) e pertanto bisogna attraversare almeno cinque frontiere prima del sospirato confine austriaco.
Il governo italiano, dal suo canto, è particolarmente desideroso di rendere l'Italia la prima fermata europea della nuova 'Via della Seta' tra la Cina e l'Europa.
I porti italiani giocano già ora un ruolo importante negli scambi tra la Repubblica Popolare e il Vecchio Continente: nel porto di Napoli, dove opera la COSCO, entrano ogni anno 1,6 milioni di tonnellate di beni cinesi; e la Evergreen Marine Corp., di Taiwan, opera a Taranto.
Senza contare che il porto di Gioia Tauro e quelli liguri o dell'Italia centrale hanno un potenziale immenso, mentre il porto di Trieste, un tempo il più grande del Mediterraneo, dista meno di duecento chilometri dall'Austria.
Ovviamente serviranno ingenti investimenti per rendere i nostri porti più competitivi. Questa però è una grandissima occasione che il nostro Paese non dovrebbe lasciarsi sfuggire.
Fonte: businessonline.it