Franchising, retail, business
20/04/2015
Ines fa la pizzaiola a Auckland, Nuova Zelanda, e condivide la sua esperienza sul blog ‘Viaggi dentro e fuori dalla testa‘.
Cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia?
Sono stata spinta da quella vocina che da anni mi diceva di partire, di viaggiare, di esplorare il mondo.
Non sono scappata dall’Italia per disperazione, perché avevo il mio contratto a tempo indeterminato, la mia casa appena comprata, a livello economico stavo abbastanza bene.
Però non ero contenta, volevo di più, non ero soddisfatta.
Sentivo la necessità di cambiare radicalmente, di avere nuovi stimoli e sfuggire alla routine.
Quale sfida più grande di una nuova vita, in un nuovo paese, con una nuova lingua?
Perché hai scelto la Nuova Zelanda, gli antipodi?
Non è stata proprio una scelta, sono arrivata qua per caso.
Nei miei piani c’era il Canada, ma non sono riuscita a fare il Working Holiday Visa perché per noi italiani ce ne sono a disposizione solo 1000 all’anno e quando mi sono decisa erano appena finiti.
Ho cercato su Google quali altri paesi offrivano questo tipo di visto e sono saltate fuori Australia e Nuova Zelanda.
L’Australia sembrava più interessante, così sono partita prima per la NZ per imparare meglio l’inglese e avere migliori opportunità in Australia.
Ma in Australia non ci sono mai arrivata, perché a metà WHV ho avuto un’offerta per un Work Visa e così ho deciso di rimanere, consapevole che l’Australia sarebbe stata solo un’esperienza di un anno, mentre in Nuova Zelanda è relativamente più semplice avere la possibilità di avere un futuro.
Così eccomi ancora qua.
Quale è stato il primo impatto? Hai avuto difficoltà? Come le hai superate?
Il primo problema è stato sicuramente la lingua.
Pensavo di parlare bene l’inglese, ma noi italiani non abbiamo una gran preparazione scolastica in materia di lingue straniere.
Poi l’inglese kiwi è pieno zeppo di slang e l’accento è molto diverso da quello british e americano, a cui ci abituano i film in streaming!
La gente mi parlava, io non capivo niente però sorridevo, dei sorrisi immensi!
Mi sentivo stupida.
E quando dopo 5 mesi ho iniziato a capire abbastanza quello che mi dicevano, non riuscivo a esprimermi come avrei voluto e questo era frustrante.
L’altro problema è stato il lavoro.
Ci ho messo due mesi per trovare un lavoro, mentre tutti i miei amici lo trovavano nel giro di una settimana.
Anche questo è stato frustrante.
Individuati gli errori, è cambiato tutto!
Il mio curriculum non era allettante per i datori di lavoro e soprattutto stavo cercando nel settore sbagliato.
Volevo fare la commessa, col mio inglese maccheronico e senza esperienza sul CV.
Ovviamente non mi chiamava nessuno.
Quando mi sono decisa a buttarmi nel mondo dell’hospitality ho iniziato ad avere un sacco di colloqui, perché se arrivi da questa parte del mondo con un WHV, il tuo settore è la ristorazione.
Ovviamente se hai una laurea in tasca o determinate esperienze e soprattutto un visto diverso, la situazione può cambiare.
Come sei diventata pizzaiola?
E’ successo assolutamente per caso!
In un food festival c’era un camioncino che faceva pizze col forno a legna montato sul camion.
Sono andata a parlare col responsabile perché avevo sentito che cercavano personale.
Questo mi ha invitato a fare una prova in pizzeria, pensavo si trattasse di una posizione da cameriera, invece quando sono arrivata mi hanno messo la pala in mano e mi hanno piazzata davanti al forno, a sfornare pizze!
Dopo qualche mese mi hanno dato l’opportunità di imparare il mestiere del pizzaiolo ed eccomi qua!
Pizza chef ad Auckland!
Quali sono i lati negativi della tua vita in Nuova Zelanda?
Direi le limitazioni legate al mio visto e l’incertezza sul futuro, dato che ogni anno quando è il momento di rinnovarlo non so mai se lo avrò di nuovo e per quanto.
Inoltre essere a 18000 km dall’Italia non è semplice, quando li succede qualcosa che richiede la tua presenza, o quando vorresti esserci ma non puoi.
Perché ci vogliono troppi soldi e troppo tempo, oppure perché sei semplicemente un immigrato che dipende da un datore di lavoro e da un visto e non puoi fare quello che vuoi quando vuoi, perché potrebbero esserci ripercussioni sul tuo futuro.
A volte mi sembra di avere una doppia vita, in due mondi, su due fusi orari.
Una di giorno, qua in Nuova Zelanda e una di notte in Italia, con le email e le telefonate su Skype.
Un altro lato negativo, sul quale però sto lavorando, è la solitudine.
Non è molto semplice per me fare amicizia da questa parte del mondo.
Conosci un sacco di gente si, però non sono “amici” come quelli che avevi in Italia, non li frequenti come vorresti o come sei abituato a fare.
Ma vedo che anche i kiwi hanno spesso questo problema, infatti molti si affidano alle comunità online per occupare il tempo libero, partecipando ad eventi vari con persone di passaggio o locali.
Couchsurfing e MeetUp sono i portali principali.
Anche io ho iniziato ad organizzare eventi su Couchsurfing e questo mi ha permesso di conoscere un sacco di persone, alcune delle quali vedo ancora regolarmente.
Se avessi scelto di frequentare gli italiani in Nuova Zelanda sarebbe stato tutto più semplice, ma trovo stupido uscire dall’Italia per andare a cercare gli italiani, le solite abitudini e parlare la stessa lingua.
E quelli positivi?
Sono felice, soddisfatta, ho trovato un benessere interiore che prima mi mancava.
Ogni giorno faccio una scoperta, confrontandomi con culture diverse, vedendo posti nuovi.
Sorrido molto di più rispetto a quando ero in Italia, anche quando magari sto solo camminando per strada e vedo qualcosa di “strano”.
Sono molto più rilassata, positiva, perché la gente che mi circonda sembra emanare “good vibes” e io le percepisco.
In Italia si percepisce un malcontento generale, lamentele, “mugugni” come si dice a Genova, negatività.
In Nuova Zelanda mi sembra di respirare un’aria più pulita, a livello emotivo.
In generale direi che la qualità della mia vita è migliorata, da questa parte del mondo. Ma non mi riferisco all’aspetto economico, parlo di come mi sento dentro.
Cosa ti ha insegnato la Nuova Zelanda?
Ho imparato ad apprezzare e rispettare di più la natura, a godermi la giornata senza preoccuparmi troppo del futuro, ho imparato ad adattarmi (5 mesi in un ostello in camera da 8, continuo a stupirmi di averlo fatto!), sono diventata meno schizzinosa per quanto riguarda il cibo e tante altre cose.
Ho imparato ad essere più umile, perché non sono “a casa mia” e perché qua il fascino dell’Italiano non attacca.
Ho capito che l’Italia, la sua cultura e le sue tradizioni non sono al centro del mondo, questo è quello che pensiamo noi e che ci fanno credere in Europa, ma da questa parte del mondo siamo spesso solo un altro tassello anonimo, che fa parte del mosaico.
Ho imparato ad avere un approccio alla vita più rilassato.
Ho sicuramente imparato anche tante altre cose, ma non me ne rendo conto, di sicuro sono cambiata in quest’ultimo anno e mezzo.
Che consigli daresti a chi vuole seguire le tue orme?
Se qualcuno ha una mezza idea di partire, consiglio di farlo, di provare, di mettersi in gioco.
Soprattutto se non si è felici.
Andate a cercare la vostra felicità, se anche non la trovate, almeno ci avrete provato.
Un’esperienza all’estero ti cambia, ti arricchisce e ti fa crescere.
Partite senza aspettative però, e muniti di tanta umiltà.
Altrimenti la delusione è assicurata!
Che programmi hai per il futuro?
Mi piacerebbe ottenere la residenza in Nuova Zelanda e magari ricominciare l’università (che senza residenza ha prezzi proibitivi).
Se il mio work visa non verrà rinnovato, cambierò paese, in fondo il mondo è grande e tutto da scoprire!
Se, da un lato, l’idea di ripartire da zero in un altro posto mi spaventa, dall’altro mi elettrizza.
In sintesi non faccio programmi, vivo la mia vita senza farmi eccessive domande, proprio come fanno i Kiwi!
Una cosa è certa: in Italia si torna solo per le vacanze!
Fonte:http://www.italiansinfuga.com/2015/04/20/sono-diventata-pizzaiola-in-nuova-zelanda/?awt_l=JjIis&awt_m=JmkrIPx3X9H3bG#